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Papilloma Virus

Human Papillomavirus

Il papilloma virus è associato all’insorgenza di forme tumorale in diverse sedi anatomiche sia maschili che femminili quali tumori cervicali, orofaringei, anali, vulvari e vaginali, mentre nell’uomo l’infezione virale promuove lo sviluppo di tumori orofaringei, anali e penieni.

HPV è stato classificato nell’ultimo Rapporto dell’American Association for Cancer Research (AACR) come il secondo agente patogeno a livello mondiale responsabile dell’insorgenza del cancro. Il tumore più comunemente associato all’HPV è il carcinoma del collo dell’utero (cervicocarcinoma o carcinoma della cervice uterina): il primo cancro a essere riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità totalmente riconducibile ad un’infezione.

L’infezione da HPV è estremamente frequente nella popolazione e si trasmette prevalentemente per via sessuale anche in assenza di segni clinici evidenti.

Si stima che oltre il 70% della popolazione sessualmente attiva acquisisca almeno un’infezione da HPV nel corso della propria vita. I dati di prevalenza dell’infezione nelle donne evidenziano un primo picco intorno ai 20-25 anni che diminuisce col progredire dell’età (Baseman et al 2005), per poi ripresentare un secondo picco intorno ai 45 anni (Herrero et al 2000). Nei maschi si osserva una prevalenza dell’infezione di circa il 65% che rimane costante in tutte le fasce d’età dai 18 fino ai 70 anni.

Mariani L. (Sole 24 ore sanità 2014)

HPV è un virus a DNA appartenente alla famiglia delle Papillomaviridae, che infetta l’epitelio squamoso della cute e delle mucose dell’alto tratto respiratorio. Relativamente alle mucose del tratto genitale, grazie anche a microtraumi epiteliali o abrasioni, l’HPV penetra l’epitelio pluristratificato e in particolare quello a livello della giunzione squamocolonnare della portio, punto di passaggio tra l’epitelio squamoso pluristratificato dell’esocervice e quello cilindrico-colonnare dell’endocervice. La giunzione squamo cellulare rappresenta una sede estremamente importante nell’analisi dell’infezione da HPV, in quanto maggiormente a rischio per lo sviluppo tumorale a causa delle sue caratteristiche di elevato turn-over cellulare, che la rende maggiormente esposta ai danni cellulari. Inoltre, la presenza di micro fenestrature favorisce il raggiungimento dello strato basale dell’epitelio da parte dell’HPV e l’insorgenza di fenomeni displastici o di forme tumorali.

Il 60-90% delle infezioni da HPV è transitoria e si risolve spontaneamente entro 1-2 anni dal contagio senza sviluppare effetti patogeni. Qualora il sistema immunitario non riesca a debellare il virus, la persistenza dell’infezione è il fattore di rischio principale per lo sviluppo del cancro cervicale. La prima manifestazione clinica di un’infezione persistente da HPV a livello genitale è la neoplasia intraepiteliale cervicale (CIN di grado 1) in cui le modificazioni cellulari possono ancora regredire spontaneamente. Nel caso di persistenza di una lesione di grado lieve (CIN 1) si può avere la progressione verso una CIN di maggior grado (CIN 2-3), che se non adeguatamente trattata potrà evolvere nel corso degli anni verso il carcinoma.

Sono stati identificati oltre 130 ceppi HPV di cui oltre 40 possono infettare le aree genitali maschili e femminili e possono essere suddivisi in tipi ad alto e a basso rischio oncogeno.

I ceppi a basso rischio (es. HPV 6 e 11) producono infezioni associate allo sviluppo di condilomi genitali (lesioni intraepiteliali squamose di basso grado LSIL) che nella maggior parte dei casi regrediscono spontaneamente.

I ceppi considerati ad alto rischio (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 68, 73, 82), in particolare 16, 18, 31, 33, 35, 45, 52, 58 sono responsabili a livello mondiale, in oltre il 90% dei casi, dell’insorgenza del cancro cervicale, vulvare, anale e vaginale, e delle lesioni HPV correlate. Nel caso in cui l’infezione con presenza di ceppi ad alto rischio non si risolva spontaneamente ma diventi persistente, può avere origine una lesione pre-tumorale, CIN2-3 (lesione di alto-grado, HSIL) che, in presenza di cofattori favorenti quali il fumo o l’assunzione di contraccettivi orali, può evolvere in cancro invasivo.

L’integrazione del DNA virale nel genoma della cellula ospite svolge un ruolo chiave nel processo di tumorigenesi indotta da HPV. Nel corso del processo di integrazione alcune regioni del DNA virale sono delete, altre seppur integrate sono silenziate a livello trascrizionale, mentre si osserva una overespressione delle oncoproteine virali E6/E7 dei ceppi HPV alto rischio. Quest’ultime, interferiscono con il metabolismo cellulare e favoriscono la trasformazione neoplastica della cellula ospite.

La funzione più nota di E6 dei virus HPV oncogeni è quella di legare la proteina codificata dal gene oncosoppressore p53 e indurne la degradazione (Scheffner et al., 1990; Werness et al., 1990). E7 lega la proteina retinoblastoma (pRb), proteina soppressoria della crescita cellulare, interferisce con la regolazione del ciclo cellulare promuovendo la trasformazione e reprime la trascrizione dei geni coinvolti nell’apoptosi.

Nelle lesioni HPV di grado CIN1, il DNA virale è presente solo in forma episomale (non integrato) e i livelli di espressione delle oncoproteine E6 ed E7 sono mantenuti relativamente bassi. Le lesioni CIN2, di transizione tra le CIN1 e le CIN3, sono caratterizzate dalla presenza del DNA virale presente sia in forma episomale che in forma integrata. Le cellule che contengono le sequenze di E6 ed E7 integrate sovraesprimono le oncoproteine virali acquisendo un vantaggio proliferativo che le condurrà verso un grado di malignità maggiore (CIN3). La lesione CIN3 è caratterizzata da cellule che esprimono in modo incontrollato le oncoproteine virali E6 ed E7 e che non sono più in grado di regolare i processi di proliferazione e differenziamento.

HPV Test

E’ nota l’impossibilità di coltivare in vitro l’HPV e l’inadeguatezza dei test immunologici nell’evidenziare la presenza di un’infezione virale a livello cervicale. L’evidenza clinica delle lesioni e la presenza delle caratteristiche modificazioni cellulari rilevabili con il Pap Test o nella biopsia, rappresentano la prova indiretta dell’infezione da HPV quando il danno a livello tissutale si è già verificato. E’ possibile invece rilevare l’infezione da HPV prima di qualunque evidenza clinica, attraverso la ricerca del DNA virale, negli strati più superficiali di tessuto epiteliale.

HPV test è un test molecolare che permette di rilevare in maniera qualitativa la presenza del DNA di 13 ceppi di HPV ad alto rischio oncogeno attraverso un prelievo endo ed esocervicale eseguiti rispettivamente attraverso l’utilizzo di un tampone e della spatola di Ayre. In caso di positività verrà eseguita una tipizzazione per l’individuazione dei ceppi responsabili dell’infezione.

HPV e complicanze ostetriche

Sebbene sia ormai chiara la correlazione tra HPV e cancro, ancora poco si conosce relativamente agli effetti dell’infezione virale sulla fertilità e sulle complicanze gravidiche.

La prevalenza dell’infezione da HPV in gravidanza varia dallo 0.5 al 3% anche se l’utilizzo di tecnologie molecolari ha consentito di rilevare il genoma virale dal 10 al 29% delle cervici uterine negative alla colposcopia. L’alta incidenza dell’infezione virale in gravidanza può essere spiegata dall’alta concentrazione di ormoni steroidei che stimolano la replicazione virale interagendo direttamente con elementi regolatori del genoma virale, così come lo stato di lieve immunosoppressione caratteristico della gravidanza che determina una riduzione delle cellule Natural killer e dei linfociti Th1. Il trofoblasto rappresenta uno dei target d’elezione dell’HPV, in particolare del ceppo 16, e una conseguente compromissione cellulare dei trofoblasti potrebbe essere all’origine di eventuali complicanze gravidiche. Numerose evidenze bibliografiche associano l’infezione da HPV con rischio di aborto spontaneo, parto pretermine e anomalie placentari. L’integrazione del genoma virale con quello cellulare potrebbe determinare gravi alterazioni genetiche responsabili di aborto spontaneo, l’espressione degli oncogeni E6 e E7 potrebbe alterare il ciclo cellulare dei trofoblasti, mentre un’alta carica virale potrebbe correlare con la produzione di fattori che interferiscono con il fisiologico accrescimento della placenta e del feto. Inoltre, il DNA di HPV è stato rilevato nella cervice, nelle membrane fetali, nel liquido amniotico, nel sangue del cordone ombelicale, e a livello placentare.

HPV nell’uomo

L’infezione da HPV nel sesso maschile si associa allo sviluppo di tumori orofaringei, anali e penieni oltre alla formazione di condilomi genitali che nel maschio rappresentano la più frequente manifestazione dell’infezione. I condilomi si localizzano soprattutto nella regione peri-anale, sul pene o lo scroto, più raramente nel cavo orale o faringe. L’infezione da HPV può determinare, a distanza di anni, la comparsa del raro carcinoma del pene anche se la più diffusa neolplasia HPV-correlata (80-95% dei casi ) nel sesso maschile, è quella anale.

Le caratteristiche dell’infezione virale nell’uomo sono diverse da quelle che caratterizzano l’infezione da HPV nella donna presumibilmente per le diversità biologiche e immunitarie delle sedi anatomiche di interesse.

Sembra ad esempio che le cellule epiteliali a livello penieno siano maggiormente resistenti all’infezione virale rispetto a quelle della cervice uterina. La trasmissione dell’HPV, inoltre, sembra essere più frequente da donna a uomo piuttosto che il contrario, il che giustifica la maggior acquisizione di infezioni transitorie nel maschio che nella donna.

L’infezione da HPV nell’uomo è evidenziabile, inoltre, sia a livello del plasma seminale che a livello spermatico e si associa ad una riduzione del numero di spermatozoi e ad un peggioramento della motilità spermatica con probabili conseguenze sulla fertilità maschile.

Ad oggi non ci sono studi standardizzati per la diagnosi delle infezioni da HPV nell’uomo.

Vaccinazione

I vaccini contro il virus HPV attualmente disponibili in Italia sono: il bivalente, attivo contro i genotipi 16 e 18, responsabili di circa il 70% dei casi di carcinoma uterino e quello tetravalente, che protegge anche contro i genotipi 6-11 dell’HPV, responsabili del 90% dei condilomi.

E’ noto che i maggiori benefici correlati alla vaccinazione HPV sono ottenuti aderendo ai programmi di prevenzione nella fascia pre-adolescenziale. Attualmente i vaccini sono somministrati gratuitamente dal servizio sanitario nazionale alle bambine tra gli undici e i dodici anni. Per quanto riguarda le donne fino ai 45-50 anni, è stata già dimostrata un’efficacia vaccinale molto elevata per entrambi i vaccini. Dagli studi emerge che circa il 70% delle donne oltre 25 anni di età risulti HPV negativa a qualunque ceppo virale ed avrebbero quindi comunque un vantaggio dalla vaccinazione.

Il vaccino 9-valente è un’evoluzione del bivalente e del quadrivalente, e garantisce protezione contro 9 tipologie del virus HPV (6, 11, 16, 18, 31, 33, 45, 52 e 52) consentendo, rispetto ai due precedenti vaccini, di ridurre ulteriormente del 20% l’insorgenza di tumori dall’HPV e del 50-80% lo sviluppo di possibili lesioni precancerose in entrambi i sessi. Nei numerosi studi clinici è stata dimostrata un’efficacia clinica che va dal 96 al 100% nella prevenzione del cancro e delle lesioni precancerose del collo dell’utero, della vulva, della vagina, dell’ano e delle lesioni anogenitali benigne esterne.

La vaccinazione contro il virus HPV è un valido strumento di protezione anche per i giovani maschi contro l’insorgenza di condilomi o verruche genitali, lesioni precancerose e rare forme di cancro.

Fattori di rischio

Esistono alcuni fattori che possono favorire l’infezione da HPV quali:

  • fumo di sigaretta;
  • numero di partner sessuali;
  • coinfezione da HIV o in generale condizioni di immunosoppressione che facilitano l’acquisizione e la progressione dell’infezione;
  • primo rapporto sessuale in giovane età;
  • 3 o più gravidanze: l’alto numero di parti contribuisce a modificare l’anatomia del canale del parto favorendo l’infezione virale a livello della giunzione squamo colonnare;
  • assunzione di contraccettivi orali per 5 o più anni;
  • infezione con altre malattie sessualmente trasmissibili.

In Italia:

  • Ogni anno vengono diagnosticati circa 3500 nuovi casi di cancro cervicale (stime 2012).
  • Il cancro cervicale è al 2° posto, dopo la mammella, tra i tumori femminili.
  • Oltre 1500 decessi l’anno sono attribuibili a cancro cervicale.
  • Ogni anno si registrano all’incirca 2.000 nuovi casi di tumori legati all’HPV nei maschi, suddivisi fra carcinomi orofaringei, ano-rettali e del pene.
  • Ogni anno si registrano all’incirca 4.400 nuovi casi di tumori legati all’HPV nelle donne comprendenti tumori dell’orofaringe, vaginali e della cervice uterina.
  • L’Istituto Superiore di Sanità stima le lesioni precancerose in circa 80.000 diagnosi annuali di condilomi genitali nei maschi e 130.000 nelle donne.

L’uso di HPV test è indicato:

  • Per la rilevazione dei tipi ad alto rischio di HPV, il cui ruolo di fattore causale principale nello sviluppo del cancro cervicale.
  • Come test di screening iniziale sulla popolazione, da effettuarsi unitamente o indipendentemente dal Pap test, per identificare le donne a maggior rischio di sviluppo del cancro cervicale o la presenza di una neoplasia cervicale di alto grado.
  • Come test di follow-up per le pazienti con risultati anomali del Pap test o già affette da una neoplasia cervicale, per determinare la necessità di eseguire una colposcopia o altre procedure di follow-up.
  • Come test di follow-up per le pazienti il cui Pap test abbia evidenziato una lesione intraepiteliale squamosa di basso grado (LSIL) o di alto grado (HSIL), prima della colposcopia. Per queste pazienti, il risultato dell’HPV test sarà di supporto al medico nella gestione della paziente e nella valutazione del rischio.

L’HPV test deve essere utilizzato unitamente alle altre informazioni cliniche derivanti dall’anamnesi completa e da altri test diagnostici e di screening, secondo le opportune procedure di gestione della paziente. I risultati di HPV test non devono essere utilizzati come unica base per la valutazione clinica e il trattamento delle pazienti.

Tempi di risposta:

I tempi medi di refertazione dell’HPV test sono 10 giorni lavorativi, riducibili a 48 ore in caso di urgenze.

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